Dicono di noi
Chi frequenta la scuola ebraica di Torino ben presto scoprirà di riceverne qualcosa di più del buon insegnamento e delle cure particolari dei piccoli istituti. Nelle aule di via S. Anselmo si respira e si apprende quel bene ormai raro nelle nostre città che definirei “senso di comunità”. Una comunità tutt’altro che rinchiusa in se stessa, bensì aperta al confronto con le diversità: in una parola, autenticamente democratica.
Pur essendo una scuola ebraica, c’è una grande liberalità. Ho avuto il privilegio di avere una scolarità normale e di imparare i fondamenti dell’ebraismo senza che fosse un’imposizione. E quindi quel poco che so e che mi porto dietro l’ho imparato lì. E ciò che si impara da bambini forma il carattere e non si dimentica mai.
Negli anni quaranta sotto le leggi razziali ed i bombardamenti via S. Anselmo era una sorta di casa per tutti noi, un luogo dove ci sentivamo difesi. A liberazione avvenuta, alle medie, i professori ci restituirono il senso della vita.
Parlare della scuola ebraica significa per me ritornare ai primissimi momenti di un’Italia reduce dalla guerra: in tempi più recenti i miei figli sono stati anch’essi allievi della “Colonna e Finzi” e personalmente ho ancora tutt’oggi dei legami di solida amicizia con taluni compagni conosciuti a scuola; ciò è rivelatore di quanto quel momento, anche se breve, sia stato per me molto importante, incisivo e formativo.
La “mia” scuola ebraica di Torino unisce al suo interno giovani di ogni fede religiosa e questa sua particolarità è a mio parere di gran valore. Ricordo con gratitudine i rabbini e gli insegnanti che ci hanno saputo infondere lo spirito giusto per affrontare la vita, nel rispetto delle altre fedi e culture sempre conoscendo, amando e sentendo in noi le nostre radici ed Erez Israel.
Finita la terza media sono andata in un liceo pubblico ed ero felice perché sarei uscita dal mondo troppo piccolo della scuola ebraica. Invece ho ben presto scoperto che molti dei concetti, dei principi e dei valori che per me erano scontati, per altri non lo erano. In classe, pur se molto raramente, si affrontano argomenti di una certa rilevanza e complessità, ma non se ne parla con la stessa profondità a cui ero abituata e che mi ha aiutato a crescere. (da In classe con una cultura “altra”: il racconto di una ex allieva delle scuole della Comunità Ebraica. Pubblicato su LA STAMPA in occasione del premio Grinzane Cavour, gennaio 2004)